- Notizia breve - Redazione di Largo Consumo
Il tonno in scatola è sempre più sostenibile
I numeri del tonno in scatola sono notevoli, a dimostrazione della fidelizzazione di tante famiglie italiane verso questo prodotto versatile.
Secondo un’indagine AstraRicerche 2024 per Ancit – Associazione Nazionale Conservieri Ittici e delle Tonnare, lo acquista il 96% delle famiglie, anche per la sua praticità e comodità (58,6%), consumato almeno una volta a settimana dal 60,6% persone che praticano sport. E il 39,4% degli italiani lo considera una alternativa valida a pesce fresco e carne.
Del resto, l’Italia è il secondo produttore europeo, dopo la Spagna. Il 2023, però, si è chiuso con una contrazione dei volumi, anche per via del ridotto potere di acquisto dei consumatori, anche se ora i numeri stanno riavvicinandosi ai livelli 2019.
Lo scorso anno, la produzione nazionale di tonno in scatola è stata di 73.581 tonnellate (-0,91% sul 2019 e -4,95% sul 2022), con un volume del prodotto totale per il mercato italiano di 143.250 tonnellate (-4,9% sul 2022). A valore, però, il mercato ha toccato i 1.674 milioni di euro (+8% sul 2022 e +26,34% sul 2019). Con un incremento delle esportazioni del +8,65%, dal 2019.
Quanto alla sostenibilità, il tonno in scatola è un esempio di circular economy, possedendo varie caratteristiche sostenibili, grazie a un ciclo produttivo a basso impatto ambientale, utilizzo limitato di energia e acqua e il riutilizzo dei residui di lavorazione in importanti settori produttivi. Come con il maiale, anche nell’industria delle conserve ittiche, del pesce non si butta via niente. Infatti, tolta la parte inscatolata (43-45% del totale), il resto del tonno pescato (carne rossa, pelle, scheletro, testa, ecc.), viene destinato all’alimentazione o utilizzato nella farmaceutica, nutraceutica e nella cosmesi. Anche la riduzione di olio nelle confezioni, a pari quantità di tonno, contribuisce all’innovazione e alla sostenibilità del settore.